24 novembre / 7 dicembre 2022 – Pinacoteca Patiniana Castel di Sangro (AQ) – “Sotto il segno del rosso”, bipersonale di Serenella Gregorio e Mila Maraniello accompagnata da testi poetici di Slobodanka Ciric.

  • 24 novembre / 7 dicembre 2022
  • Pinacoteca Patiniana Castel di Sangro (AQ)
  • Via Leone, 4 – Palazzo De Petra
  • “Sotto il segno del rosso” 
  • Mostra bipersonale di Serenella Gregorio e Mila Maraniello
  • Testi poetici di Slobodanka Ciric
  • Vernissage 24 novembre 2022 ore 17.00
Una carezza, e poi...
Poi, schiaffi, graffi, calci!
Un bacio, e poi…
Poi, mi mordi, mi insulti! 
Ti fa sentire più forte, più maschio. più misero 
Ne hai bisogno,
temi la mia forza,  la mia libertà
Perché sai che, pur senza di te, Sono.
...
Eppure, bastava solo un bacio
una carezza, una parola: 
Rispetto.
Insieme.

Il 24 novembre 2022 alle ore 17.00 presso la Pinacoteca Patiniana di Castel di Sangro (AQ), Via Leone, 4 – Palazzo De Petra, sarà inaugurata “Sotto il segno del rosso”, la bipersonale di Serenella Gregorio e Mila Maraniello accompagnata da testi poetici di Slobodanka Ciric.

Cinzia Mattamira, responsabile della Pinacoteca Patiniana di Castel di Sangro, darà il benvenuto ad ospiti e presenti, mentre i saluti istituzionali saranno affidati a Enia Acconcia, Assessore ai Beni artistici e alle Pari opportunità del Comune di Castel di Sangro. L’evento sarà moderato dal sociologo e giornalista Giuseppe Giorgio.

La mostra, allestita in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è ad ingresso libero e sarà aperta al pubblico fino al 7 dicembre 2022 nei giorni lunedì, martedì, giovedì, sabato e domenica dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 20.00. Resterà chiusa il mercoledì e il venerdì.

La pinacoteca Patiniana si trova a Castel di Sangro, in provincia dell’Aquila, in Abruzzo. Aperta nel 2006 per esporre le opere dell’artista di Castel di Sangro Teofilo Patini e dei suoi allievi, è situata nel palazzo rinascimentale della famiglia De Petra, conosciuto anche come “Casa del Leone”, per la scultura posta al di sopra del portale d’ingresso del palazzo.

Molte opere sono dedicate alla vita pastorale di Castel di Sangro, essendo il Patini di stampo socialista e avendo voluto descrivere con la pittura le condizioni di povertà, ma anche la vitalità delle classi più povere del paese. La sezione più importante di dipinti è la Trilogia Sociale (Vanga e latte – L’Erede – Bestie da soma), in cui esprime al massimo il concetto della vita agricola abruzzese. Molte opere raffigurano anche il centro storico sulla rocca del paese castellino, mentre un’altra sezione ospita delle incisioni settecentesche di vari personaggi tratte dalla mitologia classica, con l’abbigliamento però dell’epoca spagnola. Il Palazzo De Petra è una struttura molto antica, che ha conservato l’aspetto medievale del XIV secolo. La pianta è irregolare, e la seconda casetta della struttura risulta più interessante dal punto di vista architettonico. L’ingresso è ad arco gotico, così come la facciata, decorata da due finestre bifore con colonna tortile. Tra le tele esposte si trova il dipinto Bestie da soma, trasferito a Castel di Sangro dopo il terremoto dell’Aquila del 2009.

Artista autodidatta contemporanea, Serenella Gregorio nasce a Isernia e trascorre i primi anni della sua vita a Carpinone (IS), meraviglioso territorio ricco di natura incontaminata, storia, architettura e archeologia e che rappresenta per lei, sin dall’età adolescenziale, la primaria ispirazione e fonte di energia. Dopo il diploma di liceo Linguistico ottiene la laurea in Biologia, presso l’Università degli studi del Molise per poi maturare le proprie esperienze lavorative nella scuola primaria attraverso il conseguimento specialistico del Tirocinio Formativo Attivo Sostegno. L’insegnamento portato avanti con amore, passione e dedizione, rappresenta per lei una continua crescita professionale, un arricchimento emotivo e intimo in termini di conoscenza profonda del sostrato propriamente umano. L’arte l’accompagna da sempre attraverso progetti che mutano nel corso del tempo e che riflettono le fasi della sua vita guidate da un carattere solare ma talvolta anche impetuoso, stravagante ed eccentrico. Dopo una lunga fase dedicata alla realizzazione di sculture di vario materiale e alla decorazione di oggetti di design, creati artigianalmente, l’esplosione artistica, con una lenta accelerazione, che sembra ora non possa più arrestarsi, arriva attraverso la pittura nel 2019, dopo un periodo di sofferenza recondita e riservata. Il suo progetto artistico, segue la linea del suo stato d’animo e della condizione cognitiva e affettiva dei sentimenti e delle emozioni che prova. Racconta la felicità, l’amore, la passione, la solitudine, l’inquietudine, il tormento e la ricerca dell’equilibrio della vita. Ciò rende le sue opere incredibilmente vere e impetuose. www.wordnews.it

Le donne sono prigioniere, prigioniere di un pugno, di un uomo, di un'autorità, di un giudizio, della società...

“Con questo ciclo di opere voglio rappresentare il momento in cui le donne prendono coscienza di sè conservando un dolore che mai potrà essere cancellato, ma che diviene principio di trasformazione e di fusione con il vento di liberazione, nello specifico trasmutato nell’unione col foglio bianco. Le donne non sono percettibili nella loro interezza in quanto la loro epifania è quasi estraniante e misteriosa, ma necessaria.” Mila Maraniello

Mila Maraniello è una giovanissima DIGITAL ARTIST ITALO-SERBA che vive a Napoli.  Dopo aver studiato illustrazione e concept art presso la Scuola Italiana di  Comix, attualmente  frequenta il primo anno del corso di Diploma accademico di Secondo livello in design della comunicazione presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Gli artisti che l’hanno maggiormente ispirata sono Egon Schiele, Edward Hopper e Francis Bacon (artist). I suoi principali  ambiti di espressione sono il Design e la Comunicazione, anche se la sua vera passione  è  il disegno digitale.

Diversi i libri di cui la giovane Mila Maraniello ha curato l’editing grafico, tra i quali “Napoli senza RiSerbo”, ‘’Aurea Aetas: Eros e Thanatos’’ e Cantico dei Cantici di Slobodanka Ciric, il quale ultimo ha altresì illustrato con dodici tavole interlocutorie e figurative, e del quale è anche autrice del disegno di copertina.

Le sue opere, oggetto di numerose esposizioni nazionali ed internazionali –  tra le quali,  ‘’Desiderio d’Arte’’, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, 27 Giugno / 10 Luglio 2019; ‘’Break Napoli: La Notte dell’arte’’, Napoli, Piazza Del Gesù, 14 dicembre 2019; e, da ultimo, Napoli Expò Art Polis, giugno 2020 / gennaio 2021; “Vita di carta”, Nuts cafe’,  febbraio / dicembre 2020; Centro Studi Pietro Golia “Donna Terra”, luglio / settembre 2020; XLVII Premio  Sulmona “Per Gaetano  Pallozzi”, 07 novembre / 5 dicembre 2020; Bene Biennale 23 / 30 agosto 2020; Roma, Palazzo Velli Expo, “70insieme”, 10 / 17 Maggio 2021 – sono state pubblicate nel CAI (Catalogo Artisti Italiani). Nel 2020 ha partecipato ad Art for Aid – Un’opera: un dono con l’opera “Sbarre”.

Nel 2021 la sua opera “Annalisa” è stata assegnata a Jorit quale Premio per la categoria “Arte & Cultura” nell’ambito della Seconda Edizione del Premio Nazionale Annalisa Durante “Per Annalisa”. Nel 2022 ha tra l’altro partecipato ad un’estemporanea / mostra del Museo Cripta Cristo Rivelato di Brusciano, dedicando la sua opera contro tutte le guerre e da ultimo, il 23 settembre, ha esposto alcune sue opere al convegno internazionale ArtEAfrica presso l’Hotel “Re Ferdinando”. Lo scopo della sua arte, afferma, è “esprimere il senso di inquietudine, specialmente  riguardo la tecnologia, che può  renderci macchine: individui coscienti, ma senza nè scopo, nè anima”. milamaraniello.github.io/

#PasseggiArte. #NarrazioniArtistiche, Masaccio, soprannome di Tommaso di Ser Giovanni di Mòne di Andreuccio Cassài 

«Le cose fatte inanzi a lui [prima di Masaccio] si possono chiamar dipinte,
e le sue vive, veraci e naturali.»
(Giorgio VasariLe vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori,
Vita di Masaccio da San Giovanni di Valdarno pittore)

Masaccio, soprannome di Tommaso di Ser Giovanni di Mòne di Andreuccio Cassài (Castel San Giovanni in Altura21 dicembre 1401 – Romagiugno 1428), è stato un pittore italiano. Fu uno degli iniziatori del Rinascimento a Firenze, rinnovando la pittura secondo una nuova visione rigorosa, che rifiutava gli eccessi decorativi e l’artificiosità dello stile allora dominante, il gotico internazionale. Partendo dalla sintesi volumetrica di Giotto, riletta attraverso la costruzione prospettica brunelleschiana e la forza plastica della statuaria donatelliana, inserì le sue «figure vivissime e con bella prontezza a la similitudine del vero» (Vasari) in architetture e paesaggi credibili, modellandole attraverso l’uso del chiaroscuroBernard Berenson disse di lui «Giotto rinato, che ripiglia il lavoro al punto dove la morte lo fermò».

«Fu una persona astrattissima e molto a caso, come quello che, avendo fisso tutto l’animo e la volontà alle cose dell’arte sola, si curava poco di sé e manco d’altrui. E perché e’ non volle pensar già mai in maniera alcuna alle cure o cose del mondo, e non che altro al vestire stesso, non costumando riscuotere i danari da’ suoi debitori, se non quando era in bisogno estremo, per Tommaso che era il suo nome, fu da tutti detto Masaccio. Non già perché e’ fusse vizioso, essendo egli la bontà naturale, ma per la tanta straccurataggine.»
(Giorgio Vasari)

Cassoni nuziali (Museo Bardini). Era l’attività del nonno di Masaccio nella quale egli si formò forse come pittore.

Maso (Tommaso) di ser Giovanni di Simone (Mone) Cassai, detto Masaccio, nacque a Castel San Giovanni (odierna San Giovanni Valdarno) il 21 dicembre 1401, giorno di san Tommaso Apostolo, da ser Giovanni di Mone Cassai, notaio, e da Jacopa di Martinozzo. I due vivevano nella casa, ancora esistente a San Giovanni, del nonno paterno Simone, che era un prospero artigiano costruttore di casse lignee (da cui il cognome “Cassai”) sia per uso domestico che commerciale. Il padre doveva essere stato incoraggiato sin da piccolo all’attività notarile, facendogli studiare latino e procedura legale, se già a vent’anni, l’età minima per la professione, prendeva l’abilitazione per l’ufficio di notaio. Nel 1406 il padre morì improvvisamente, a soli ventisette anni, e poco tempo dopo la moglie diede alla luce un secondo figlio, chiamato in onore dello scomparso padre, Giovanni, successivamente detto lo Scheggia, che intraprese anche lui la carriera di pittore. Qualche anno più tardi monna Jacopa si risposò con Tedesco di Mastro Feo, un ricco speziale anch’esso vedovo e con due figlie. Il 17 agosto del 1417 morì Tedesco di Mastro Feo e Masaccio divenne il capofamiglia. Per quanto riguarda la sua formazione, secondo il Berti (1989) egli si formò “verosimilmente nella fiorente a abbastanza modernista bottega di Bicci di Lorenzo; mentre il Boskovits (2001) pensa al cognato Mariotto di Cristofano e la Padoa Rizzo (2001) al per altro sconosciuto Niccolò di ser Lapo: tutte ipotesi che allo stato, in mancanza di documenti certi, rimangono tali.

Il primo lavoro sicuramente attribuibile a Masaccio è il Trittico di San Giovenale, datato 23 aprile 1422 e destinato a una chiesa di Cascia di Reggello. L’iscrizione alla corporazione dei pittori di soli quattro mesi prima testimonia che certamente Masaccio eseguì la commissione a Firenze. Il dipinto è composto di tre tavole e rivela già un completo disinteresse verso il gotico internazionale ed una precoce adesione ad alcune novità del Rinascimento, con elementi spiegabili solo con un contatto diretto con Filippo Brunelleschi, inventore della prospettiva, e Donatello. Nello scomparto di sinistra sono raffigurati i santi Bartolomeo e Biagio, nello scomparto centrale la Madonna col Bambino e due angeli, ed in quello di destra i santi Giovenale e Antonio abate. Nella tavola centrale è incisa in capitali latini la scritta: ANNO DOMINI MCCCCXXII A DI VENTITRE D’AP[rile], la più antica conosciuta senza le tradizionali lettere gotiche. Evidente è il rifiuto dell’artista degli ideali di bellezza del gotico internazionale, che agli occhi dell’artista dovevano apparire “amabili ma arrendevoli”[2]. Le figure sono infatti massicce e imponenti, scalate in profondità, e occupano uno spazio costruito prospetticamente, il primo conosciuto in pittura: le linee di fuga del pavimento di tutti e tre i pannelli convergono verso un punto di fuga centrale, nascosto dietro il capo della Vergine. La fisicità fredda e scultorea del Bambino mostra come Masaccio cercasse ispirazione nella scultura coeva, in particolare nelle opere di Donatello, come farebbe pensare anche il particolare delle dita in bocca, tratto dalla vita quotidiana alla quale attingeva anche il grande scultore. Lo schema prospettico rigoroso può derivare solo dalla collaborazione diretta di Brunelleschi. Conoscendo la nota riservatezza del grande architetto nel divulgare le sue scoperte, può darsi che il contatto con Masaccio fosse stato intenzionale, con la consapevolezza di vedere realizzate le sue teorie in pittura. Il primo risultato che conosciamo di tale esperimento, il Trittico, è ancora squilibrato e con gli aspetti religiosi in parte offuscati dalle preoccupazioni tecniche. Nelle opere successive Masaccio fece veloci passi da gigante.

Non si conosce esattamente quando iniziò la collaborazione tra Masaccio e il più anziano Masolino da Panicale. Essendo Tommaso di Cristoforo Fini, detto Masolino, nativo di Panicale presso San Giovanni Valdarno, era dunque conterraneo di Masaccio, e ciò spiegherebbe la collaborazione che ad un certo momento intervenne tra i due. Ossia il pittore più anziano delegava a quello più giovane parti di opere che gli venivano commissionate. In realtà, i primi quaranta anni di Masolino sono quasi completamente oscuri, incluso il luogo di nascita. Un indizio è l’iscrizione di Masolino all’Arte dei Medici e Speziali nel gennaio del 1423, forse proprio per poter tenere bottega con Masaccio che si era insediato in città almeno da un anno prima e di quell’anno è la Madonna dell’Umiltà nella Kunsthalle di Brema, un’opera molto diversa dalla Madonna di Masaccio in S. Giovenale a Cascia di Reggello dell’anno precedente. Nel 1423, Masaccio lavorò con Masolino al cosiddetto Trittico Carnesecchi per la cappella di Paolo Carnesecchi nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Firenze. Del trittico rimangono il San Giuliano conservato a Firenze presso il museo diocesano di Santo Stefano al Ponte e attribuibile a Masolino e una tavoletta della predella con Storie di San Giuliano conservata al Museo Horne di Firenze attribuibile a Masaccio: vi è narrata la vicenda, in cui il santo, secondo la profezia del demonio, uccide il padre e la madre. La Madonna con Bambino, attribuibile a Masolino, di cui esiste ancora una fotografia fu trafugata nel 1923 dalla chiesa di Novoli.

Tra il 1425 e il 1426 oppure, secondo altri studiosi, nel 1427 Masaccio eseguì l’affresco in terra verde, noto come la Sagra, sopra una porta del chiostro della chiesa del Carmine che commemorava la consacrazione della chiesa avvenuta il 19 aprile 1422, alla presenza dell’arcivescovo Amerigo Corsini; Masaccio, secondo il Vasari fu presente alla cerimonia con BrunelleschiDonatello e Masolino. Distrutto nei rifacimenti del chiostro tra il 1598 e il 1600, ne restano tracce in sette disegni. Verso il 1426 Masaccio era abbastanza famoso da aggiudicarsi alcune importanti commissioni private, che lo costrinsero probabilmente a spostarsi più volte in quell’anno tra Firenze e Pisa, come si evince dai solleciti minacciosi e i divieti di occuparsi di altre opere fino al completamento del polittico di Pisa da parte del committente.

Tra il 1426 e il 1428 Masaccio eseguì l’affresco con la Trinità in Santa Maria Novella. L’opera, che segna una svolta verso Brunelleschi nella poetica dell’artista, rappresenta il dogma trinitario ambientato in una cappella illusionisticamente dipinta, nella quale spicca la maestosa volta a botte con lacunari che, come scrisse Vasari, “diminuiscono e scortano così bene che pare che sia bucato quel muro”. Le linee dell’architettura dirigono l’occhio dello spettatore inevitabilmente sulla figura del Cristo in croce, sostenuto da Dio Padre e con la colomba dello Spirito Santo in volo tra i due. Questa triade divina è sottratta alle rigide regole prospettiche, in quanto immutabile e superiore alle logiche della fisica terrena; sotto la croce invece Maria e Giovanni Evangelista sono rappresentati in scorcio come se visti dal basso. Più sotto si trovano i due committenti, che assistono inginocchiati alla scena sacra e che, per la prima volta nell’arte occidentale, sono di dimensioni identiche alle divinità. Alla base è infine collocato un altare marmoreo, sotto il quale si trova uno scheletro giacente con la scritta “Io fu già quel che voi sete: e quel ch’i’ son voi a[n]co[r] sarete“.

A San Giovanni Valdarno, nella casa natale del pittore, è situato un centro sperimentale ed espositivo di arte contemporanea che si chiama Casa Masaccio. Ha l’obiettivo di valorizzare nuovi artisti e nuovi linguaggi dell’arte, ispirandosi proprio alla portata rivoluzionaria che Masaccio ha avuto nel panorama del rinascimento italiano. it.wikipedia.org – Masaccio